Marta Scavone, in arte MAR, è una artista emergente torinese nata nel 1998 che fonde vari mezzi espressivi per creare immagini visivamente e concettualmente stimolanti.
Fin dall’infanzia ha dimostrato una personalità ed una sensibilità fortemente creativa e dall’età di 13 anni intraprende studi ed attività che le hanno dato accesso ad una carriera di natura artistica.
Nel 2017 ha conseguito un diploma in Fashion Design presso il liceo artistico e nel 2020 ha ottenuto una laurea con lode in Fotografia presso lo IED di Torino.
Attualmente frequenta corsi per espandere le sue competenze nel campo delle Arti Visive.
Da diversi anni Marta coltiva interessi umanistici e pratica regolarmente attività quali musica, danza e teatro, che si rivelano fonte di ispirazione per la sua produzione artistica. Da un anno e mezzo lavora anche come fotografa freelance e art director.
Il suo approccio artistico è un connubio di fotografia, moda, installazione artistica e performance teatrale. Sperimentando con linguaggi diversi, esplora tematiche contemporanee in modo concettuale, creativo e unico, dando vita ad opere che non solo affascinano visivamente, ma che trasmettono anche profonde riflessioni.
‘Utilizzo la fotocamera come uno strumento di creazione ed immaginazione.
Fin dall’infanzia coltivo una passione profonda per la letteratura e l’arte, che unita all’esplorazione del teatro, della moda e delle arti visive, ha plasmato la mia visione della fotografia, spingendola oltre i confini del concetto tradizionale.
Il mio approccio fotografico non è focalizzato sulla ricerca del “momento perfetto” o sulla mera riproduzione del mondo circostante. Piuttosto, mi dedico alla creazione di scenari unici, ricchi di colore e onirici, che esteticamente si pongono in una dimensione intermedia tra fotografia, illustrazione e pittura. Queste opere sono spesso e volentieri permeate dai miei sogni e dalla mia immaginazione.
Gran parte del mio operato viene realizzato nel mio studio fotografico; lo spazio vuoto rappresenta per me ciò che potrebbe essere la tela bianca per un pittore: un’infinità di possibilità creative. Qui, posso costruire scenografie straordinarie e dare vita alle molteplici “trasformazioni” che coinvolgono il mio corpo negli autoritratti.
Una parola chiave nei miei progetti è la “multidisciplinarietà”. Infatti, il mio approccio combina diverse forme di espressione artistica, tra cui la fotografia, la moda, l’installazione artistica e la performance teatrale. Questa fusione di linguaggi artistici mi consente di esplorare temi contemporanei in modo concettuale, creativo e unico.’
DESCRIZIONE PROGETTO MODA PANDEMICA
Moda Pandemica nasce come progetto artistico di autoritratto che indaga e illustra – attraverso una fusione multidisciplinare di fotografia, moda e performance – il modo in cui il Coronavirus ha influito sulla domanda di mercato in Italia durante la prima quarantena, con una particolare attenzione verso il tema della sostenibilità.
Come nasce l’interesse verso questo progetto
Dopo essermi imbattuta innumerevoli volte in articoli su internet o telegiornali che parlassero di comportamenti di approvvigionamento fuori controllo e di picchi di vendite inaudite di moltissimi articoli – dispositivi medici, prodotti alimentari e articoli per combattere la noia o soddisfare una voglia improvvisa – che durante il lockdown sono andati letteralmente a ruba. Questa dinamica sommata alla tendenza dei supermercati di posizionare alcuni di questi articoli sempre più in prossimità delle casse, mi hanno colpita a tal punto da spingermi ad indagare il caso attraverso le mie grandi passioni: la fotografia, la moda ed il teatro.
Cosa ho fatto
In primis, ho effettuato una vasta ricerca di mercato, raccogliendo tutti i dati provenienti dal circuito dell’Istat, in modo da individuare gli articoli maggiormente richiesti durante il lockdown. In seguito, ne ho selezionati 12 (4 per ognuno dei 3 mesi di quarantena) e sono andata alla ricerca di questi per poi impiegarli nella realizzazione di vestiti eccentrici ed eco-sostenibili. In fine, mi sono autoritratta con i 12 vestiti all’interno del mio studio fotografico. I vestiti sono stati da me confezionati utilizzando esclusivamente articoli presenti in casa, alcuni mi sono stati donati e altri ancora li ho recuperati da attività commerciali. Ad esempio, per quanto riguarda il vestito con i guanti, sono andata presso il mio dentista che mi ha fornito i guanti in lattice che sarebbero stati cestinati, mentre ho recuperato i tubetti di colorazione per i capelli da uno studio di parrucchieri utilizzati per realizzare il vestito relativo ai coloranti per capelli.
Ho deciso di impiegare solamente materiali riciclati per contrastare le conseguenze dell’industria del “fast fashion” sull’ambiente. Negli ultimi anni queste hanno raggiunto dei livelli allarmanti, sia in termini di sfruttamento dei lavoratori nei paesi in cui la produzione ha un costo di manodopera molto basso, sia per quanto riguarda l’inquinamento ambientale provocato dai materiali e dai coloranti utilizzati dalle industrie della moda.
Come presento il progetto
Ho deciso di realizzare un contenuto editoriale e ho impostato il progetto come una sorta di rivista scientifica d’economia. La scelta è stata voluta per creare una specie di “cortocircuito”, dato dal forte contrasto tra i due linguaggi molto distanti presenti all’interno del progetto, uno di tipo scientifico/ analitico, costituito dai dati e dalle statistiche di mercato, ed uno artistico costituito dagli autoritratti e tutto ciò che li compone. L’obiettivo è quello di cogliere di sorpresa uno spettatore che mentre sfoglia una rivista dal sapore scientifico sull’andamento di mercato in seguito al COVID-19, si imbatte in realtà in un progetto d’arte con degli autoritratti performativi.
L’impatto del Coronavirus sul mercato italiano si presenta dunque come un progetto multidisciplinare in cui all’interno coesistono più forme d’espressione artistica, ma in cui allo stesso tempo risiedono tematiche importanti dal punto di vista storico, politico e sociale ed una ricerca di una moda più eco- sostenibile. Da qui l’idea del titolo: Moda Pandemica.
Marta Scavone
MODA PANDEMICA di MARTA SCAVONE
Testo Tiziana Bonomo
Innovare, creare, costruire pensando che il linguaggio della fotografia riesca ad esprimere i pensieri, le idee dell’autore. Ecco cosa è riuscito a Marta Scavone una giovane artista che sin dall’infanzia ha sempre avuto una personalità creativa ed eccentrica, una sensibilità molto marcata. Una giovane ragazza con idee decisamente chiare, intraprendere una carriera artistica. L’impegno è notevole e il risultato di “Moda Pandemica” lo dimostra proprio attraverso la fotografia: il suo mezzo espressivo.
La macchina fotografica come strumento di immaginazione, di creazione.
Un progetto nato durante i mesi drammatici del Coronavirus: il mondo come immobile, che trattiene il respiro, la sicurezza del quotidiano e delle sue abitudini, ridere amare divertirsi scoprire sperare che si spezza nell’attesa, nel dubbio senza speranza. Fotografare il dolore e il silenzio sembra l’unico scenario possibile.
Marta si interroga appena scoppia la pandemia, guarda questo mondo rovesciato: qual è ora il concetto di ciò che è sostenibile, come si trasforma il comportamento di noi spavaldi consumatori di mode, come usare la fotografia non solo per documentare ma anche come terapia… Ad esempio ha ancora senso fare scatti di moda, uno dei grandi palcoscenici della fotografia? Così matura questo progetto, apparentemente stonato, provocatorio, paradossale. nasce grazie ad un articolato lavoro di razionalità e creatività che oppone al dramma il grido di una normalità da ritrovare per sentirsi di nuovo vivi. Marta ama avere certezze, elementi consistenti sui quali ritagliare il suo estro e realizzare i suoi scatti. La tragedia così si capovolge nel suo contrario, un modo per ricomporre e lasciarsi dietro il ricordo di mesi terribili.
Il risultato è fresco, giocoso, gradevole ma nello stesso volutamente uno choc. richiama scopertamente nell’estetica un sapore retrò degli anni ’50, perché Marta si autoritrae con i vestiti da lei creati sulla base di ciò che nei mesi ‘’impossibili’’ era diventato normalità, materiali, oggetti, strumenti che aiutavano a sentirsi sicuri, immuni, protetti.
Marta realizza e fotografa un abito elegante, frivolo, divertente ma con che cosa? Con i guanti! nel marzo del 2020 l’articolo che ha fatto registrare la maggiore crescita delle vendite: il 300%. I consumatori ricercavano prodotti in grado di aumentare il livello delle difese immunitarie. I guanti che formano un gonnellino che riprende quello leggendario di Joséphine Baker, i guanti che avvolgono il seno, che fanno la cresta e oltre ad indossarli sulle mani fuoriescono anche dalle scarpe. Con la stessa ironia Marta gioca con le boccette dell’alcool e le bustine dei disinfettanti in una posa da equilibrista come a mantenere le distanze dagli altri. Nella seconda settimana di marzo dell’anno maledetto il consumo di alcool e disinfettanti cresce del 240%. Arriva ad inventare un abito nuziale con uno degli articoli che ha registrato un raddoppio negli acquisti: la carta igienica! E quanto è fantasioso tutto quel bianco: un vero abito alla Vivienne Westwood! Una cintura di rotoli di carta igienica che morbidamente decorano l’estivo abitino bianco ricamato con ……. E una pettinatura assolutamente vintage con i rotoli di carta vuoti che sembrano bigodini pop. Il tocco del ventaglio e dei guanti e quell’aria ingenuamente seducente rendono l’immagine un piccolo capolavoro di raffinata estetica.
I fondali mutano di colore quando ad esempio deve esibire gli “insettorepellenti” che a maggio, sempre del 2020, erano saliti in vetta alle classifiche di vendita del 230%! Un’accurata messa in scena sull’abito sganciante del giallo insetticida con gli zampironi effetto grandi bottoni che decorano anche la pettinatura verso l’alto come il movimento del fumo che si attorciglia in su quando fuoriesce dal marchingegno. Marta è sempre attenta a mettersi in posa, a fissare se stessa con cura e ricercatezza. Pose eleganti che solamente chi ha fatto esperienza nella danza riesce a creare con tanta semplicità.
L’influenza di artiste da Claude Cahun a Cindy Sherman – che hanno utilizzato il proprio corpo per interpretare attraverso mascheramenti identità o stereotipi diversi – è evidente seppur con una originalità che pongono Marta all’inizio di un lungo sorprendente percorso che sarà tutto da seguire.
DESCRIZIONE PROGETTO VEGETAZIONE FERTILE
Vegetazione Fertile è un progetto di staged photography e installazione artistica che esplora in maniera concettuale, e allo stesso tempo con un tocco giocoso e ironico, le diverse ragioni che oggi spingono una donna in età fertile a non considerare la maternità.
Si propone come una narrazione simbolica attraverso immagini allestite cariche di significato, a cavallo tra realtà e finzione, che mostrano delle installazioni inserite in un bosco artificiale.
Nascita dell’idea
L’ispirazione dietro questo progetto deriva dall’esigenza profonda dell’artista di esplorare un argomento che la tocca personalmente e che affronta con il passare del tempo. Mentre avanza nella sua carriera artistica, il suo interesse verso il tema della maternità e delle scelte che le donne devono fare in proposito è cresciuto in modo significativo. Questa crescita è stata guidata da una maggiore consapevolezza delle diverse motivazioni che spingono le donne a considerare o a rinunciare alla maternità, in un’epoca in cui i tempi e le pressioni sociali sono in costante evoluzione. Nato da una spinta catartica, il progetto cerca di portare alla luce alla questione attraverso l’arte, dando forma tangibile a ragioni astratte.
Progettualità mista e creazione
Vegetazione Fertile si basa su una progettualità ricca che unisce creazione artistica e intervento.
Le fotografie sono state scattate in uno studio appositamente allestito per sembrare un bosco artificiale, con erba sintetica, sfondi di carta azzurra e altri elementi naturalistici, come fiori, piante e animali finti. La scelta dell’ambientazione boschiva è un rimando, volutamente in contrasto con la natura della narrazione, alla dimensione di Madre Natura e da qui ne deriva la scelta del titolo “Vegetazione Fertile”, che allude all’universale creatrice feconda.
Il bosco ospita le varie installazioni create dall’artista con l’ausilio di materiali e oggetti di natura diversa, intervenendo su di essi modificandoli e accostandoli in modo da creare un’interconnessione di significati e rimandi simbolici. Questo contesto naturale non ha solamente la funzione di sfondo ma interagisce in modo dinamico con le installazioni, creando una potente comunicazione visiva.
Significato delle immagini e narrazione
Frutto di uno studio approfondito ed una fervida ricerca di simboli significati, le sei foto sono caratterizzate da un’atmosfera onirica quasi “fanciullesca” per contrastare il peso emotivo del tema trattato e trasmettere un senso di spensieratezza. Quest’ultimo è sostenuto dall’estetica pop dei colori.
Così come la scelta del titolo e dell’ambiente boschivo, anche la sequenza delle foto segue il carattere di contrapposizione rispetto a ciò che le immagini comunicano e si articola seguendo una cronologia ideale e non assoluta degli stadi della maternità. Ogni immagine cattura un diverso stadio della maternità e le ragioni per cui una donna potrebbe esitare a intraprenderlo, generando una comunicazione simultanea in contrasto che amplifica il gioco di rimandi e significati del progetto.
Le immagini in ordine cronologico:
Mare pieno di pesci (Sea Full of Fishes) apre la serie con una vista di un fiume ricco di pesci e una colomba in volo, due simboli universali di fertilità che rappresentano la prima fase della maternità: il concepimento. I “pesci”, costituiti da preservativi colorati, gonfiati e con occhi, portano con sé un doppio significato. Sono simboli di fertilità, ma anche una connessione al corpo maschile. Il titolo dell’immagine si riferisce a una situazione in cui una donna potrebbe essere incerta sulla maternità, poiché dubita di avere il partner giusto per costruire una famiglia, ma allo stesso tempo esita a interrompere una relazione sentimentale.
A seguire Venere con test (Venus with Test) mostra una replica della statua “Venere con mela” di Thorvaldsen, il cui corpo è trasformato dalla gravidanza. Un metro da sarta le l’addome mentre lei tiene un test di gravidanza al posto di una mela. La Venere è fortemente connessa al concetto di maternità ed è un simbolo indiscusso dell’ideale di bellezza. Questa immagine affronta il tema dell’estetica in una società che dà grande importanza all’apparenza, spesso distorta dai media e dai canali sociali. Alcune donne rinunciano alla maternità per timore che il loro corpo subisca cambiamenti significativi, come l’aumento di peso e la perdita di tono. La Venere qui presenta chiaramente queste trasformazioni post-gravidanza, enfatizzate dal metro da sarta. Allo stesso tempo, il test di gravidanza che tiene in mano simboleggia la seconda fase della maternità: la consapevolezza della gravidanza stessa.
Prosegue Sto arrivando (I’m coming), con l’immagine di un filo di stendino all’aria aperta, tipico delle abitazioni rurali, con appesi un paio di calzini e una tutina da neonato con la scritta “sto arrivando”. Questo fa riferimento alla fase in cui il feto cresce e si avvicina alla nascita, sottolineato dalla presenza di un nido con uova di passerotto su un ramo di ciliegio. Nel contesto dell’erba, c’è un maialino salvadanaio dal quale fuoriescono banconote, che prendono il volo come uccelli. Questa immagine rappresenta le sfide economiche legate alla maternità che spesso determinano una vita all’insegna dei sacrifici. Inoltre, il concetto di denaro che vola via si contrappone al significato letterale del titolo, che suggerisce qualcosa che sta arrivando, mentre il denaro vola via.
Obiettivi perdenti (Leaking Goals) è la quarta installazione del progetto e illustra un bersaglio di paglia, comunemente utilizzato per il tiro con l’arco nella natura. Due frecce attraversano una placenta sull’obiettivo, forandola e causando la fuoriuscita di liquido. Questo stadio della maternità rappresenta la rottura delle acque. La motivazione per non avere figli in questa immagine è il desiderio di realizzarsi dal punto di vista della carriera professionale senza rischiare di comprometterla diventando madri. Il bersaglio rappresenta l’obiettivo professionale, con la freccia che mira al successo.
Pignatta cesarea (C-section Piñata) mostra un busto manichino appeso con una corda ad un ipotetico albero come una sorta di pignatta, con uno squarcio sulla pancia dal quale fuoriescono delle caramelle. Il taglio sull’addome diventa qui metafora dell’incisione del parto cesareo, che riconduce al momento della nascita vera e propria del bebè.
I dolcetti che fuoriescono dalla spaccatura simboleggiano l’atmosfera infantile del gioco associata all’età della fanciullezza. L’opera rappresenta il sentirsi ancora una “bambina”, non pronta alla maternità nonostante un’età anagrafica e fertile adeguata.
Torno tra 5 (Back in Five) chiude la serie Vegetazione Fertile con l’immagine di una culla vuota nel bosco, con il classico cartello sulla porta d’ingresso delle attività commerciali che indica che la persona responsabile tornerà più tardi. La dicitura inglese della frase, “Back in Five,” è efficace poiché comunemente non specifica l’unità di tempo esatta. Quel “5” potrebbe riferirsi a minuti, ore, giorni, settimane, mesi, anni o anche secoli, rimanendo indefinito, proprio come l’idea di decidere se concepire un figlio o meno. Le culla rappresenta il momento post-parto della maternità, quando il bambino è completamente al mondo. Inserita in mezzo alla natura, la culla simboleggia anche la culla dell’umanità, mantenendo così il filo conduttore simbolico tra le installazioni e il bosco circostante.
Conclusione
In sintesi, Vegetazione Fertile è una combinazione di creatività artistica e intervento che esplora in modo profondo e simbolico le complesse sfaccettature delle ragioni che spingono le donne in età fertile a non considerare la maternità. Un’opera concettualmente elaborata che invita ad una riflessione sulle dinamiche delle decisioni umane.